Le scorse amministrative ed, in maniera ancora più rilevante, i referendum hanno dimostrato un forte interesse da parte dell’elettorato rispetto ai “nuovi” temi di ambiente, salute, beni comuni.
Citando Diamanti, in particolare per i referendum, c’è stata una moltitudine di persone che, oltrepassando l’area tradizionalmente “impegnata”, ha partecipato in modo nuovo alla campagna elettorale per i referendum:
a) Se il 57% degli elettori italiani ha votato al referendum, il 16% ha fatto campagna elettorale. Oltre un quarto dei votanti. Tanti, se si pensa agli stereotipi che vorrebbero la società amorfa e conformista.
b) In secondo luogo: quasi il 60% di chi ha partecipato alla campagna elettorale (il 9% dell’elettorato) non l’aveva mai fatto prima. Si tratta di una partecipazione “nuova”, caratterizzata da componenti sociali tradizionalmente periferiche, rispetto all’impegno politico. In primo luogo e in particolare, le donne e i giovani. Un terzo dei “nuovi” impegnati, infatti, ha meno di trent’anni. Una misura doppia rispetto a quel che si osserva nell’ambito degli impegnati di “lungo corso”. Parallelamente, nell’area della “nuova” partecipazione appare molto ampio il contributo degli studenti – ma anche degli operai. La partecipazione “tradizionale”, invece, è ancora animata da pensionati e impiegati pubblici.
c) Quanto alle modalità e ai canali di partecipazione, solo il 18% circa delle persone impegnate in campagna elettorale ha adottato modelli di “militanza” esclusivamente tradizionali. Partecipando a comizi, manifestazioni, distribuendo volantini, ecc.
E, per valorizzare questo patrimonio, i partiti, ed in particolare i partiti di centrosinistra, devono essere in grado di stare nella cosiddetta società civile e tradurre in pratica ed azione di governo quanto proviene da quest’ultima.
Permeabilità che significa capacità di contaminarsi, di concordare le priorità, di scambiare informazioni in maniera bidirezionale tra partiti e società, in poche parole la capacità di promuovere e praticare la partecipazione.